mercoledì 14 maggio 2014

Rethinking Economics

Si lo so che normalmente non scrivo cose serie. Ogni tanto capita però, tra una nerdata e l'altra mi ricordo anche di essere uno studente di Scienze politiche.
Il bello/brutto, a seconda dei punti di vista, della mia facoltà è una forte interdisciplinarità tra economia, politica, scienze sociali e giurisprudenza. Forse l'unico vera svantaggio è che non può piacerti tutto. Come nel mondo ci sono molte cose mi fanno schifo, e come tra le persone che conosco alcune le reputo mie "nemiche", nemica giurata della mia voglia di studiare è l'economia, non in quanto materia in se, ma in quanto dottrina che utilizza facilmente i numeri. Io odio i numeri. Odio la matematica e tutto quello che le gira intorno. Di conseguenza dovrei odiare anche l'economia, vero. Anche se in parte.
L'economia in quanto materia umanistica mi piace, mi interessa e mi incuriosisce. Il problema è quando tutto si stacca dalla realtà e diventa numeri, grafici e via dicendo. Un pò è per intolleranza personale, un pò è perché la reputo una forzata semplificazione numerica.
Proprio qui  volevo arrivare. Alcuni miei colleghi, nonché amici, hanno fatto una cosa carina. Se ho ben capito il tutto è partito tramite dei contatti a livello internazionale che hanno ottenuto in Erasmus.
L'idea è figa, e come certe volte succede, se la cosa è figa e piace è giusto che abbia il dovuto riscontro.
Praticamente hanno creato un manifesto/sito/blog per discutere una idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: proporre un pluralismo negli insegnamenti economici a livello Europeo e globale.



Il manifesto si chiama Rethinking Economics, e i miei colleghi sono i curatori della sezione Italiana, l'unica (sempre se ho ben capito) ad essere anche contemporaneamente un blog.
Quando mi hanno spiegato la cosa mi si è accesa una lampadina. Ho pensato "Alleluja, che sia qualcosa che voglia un attimino mettere in discussione l'attuale studio dell'Economia, e magari riportare questa materia a misura d'uomo?". Non solo, ma sicuramente anche questo.
Rethinking Economics è apolitico, apartitico ecc ecc. Sostanzialmente si propone di dare più spazio alle teorie economiche alternative, di qualsiasi tipo e gusto. Quindi la lampadina che si è accesa a me si può accendere facilmente ad ognuno di voi, magari, anzi sicuramente, per motivi diversi vista la natura pluralistica del progetto. 



Insomma, bravi ragazzi e tanto spazio per loro, che sono già stati pubblicati in testate nazionali e (soprattutto) internazionali di una certa rilevanza. Allora anche io ho deciso di fare il mio piccolo.
Ecco quindi il manifesto, preso dal sito ufficiale  http://www.rethinkecon.it/




" A Global Student Call for Pluralism in Economics
 Negli ultimi sette anni, con gli effetti della crisi finanziaria sotto gli occhi di tutti, un’altra crisi economica, con implicazioni profonde per tutti noi, è passata quasi inosservata: la crisi teorica dell’economia e del suo stesso insegnamento. La stagnazione dell’offerta didattica e di una pedagogia ridotta e riduttiva dura ormai da decenni, nonostante ripetuti sforzi, da parte degli studenti, volti a cambiare questa situazione. Ora, nel pieno della crisi finanziaria globale, tali iniziative studentesche hanno trovato nuova linfa ed una rinnovata energia in diversi paesi tra cui Argentina, Austria, Brasile, Canada, Cile, Danimarca, Francia, Germania, India, Inghilterra, Israele, Italia, Nuova Zelanda, Scozia e Stati Uniti. Cosa più importante, gli studenti coinvolti in queste iniziative hanno trovato una causa comune nella promozione di un vero insegnamento plurale dell’economia. All’interno delle università il pluralismo significherà una più ampia varietà teorica e metodologica nei nostri libri di testo, ed una formazione più solida e reattiva. Fuori dalle università, invece, il pluralismo comporterà una più ampia gamma di opzioni nell’“inventario” degli strumenti dei nostri governi, per migliorarne la capacità di trovare soluzioni collettive ai problemi globali dell’economia, siano essi urgenti o più a lungo termine.   Il pluralismo cerca inoltre di costruire dei legami più forti tra questi due mondi e di integrare sempre meglio le teorie e gli strumenti acquisiti nell’ambito accademico con le sfide morali, politiche, ambientali e culturali, nonché con molte altre di estrema complessità che caratterizzano il XXI secolo. Nessuna scuola di pensiero gode di un monopolio delle soluzioni a queste sfide e, data l’immensità delle conseguenze nel mondo reale del loro lavoro, gli economisti hanno la responsabilità di assicurare che la loro professione sia dotata di una diversificazione interna che le permetta di affrontare una simile complessità esteriore.

Il pluralismo teorico enfatizza il bisogno di allargare il raggio di scuole di pensiero rappresentate nei corsi universitari. In questo contesto è importante notare che non obiettiamo contro nessuna tradizione economica in particolare. Il pluralismo non è una scelta di campo, ma riguarda il sano incoraggiamento a un dibattito teorico che non può che rafforzare la professione dell’economista nella sua interezza. Una formazione economica onnicomprensiva è finalizzata a promuovere un’esposizione bilanciata alle varie prospettive teoriche che vanno dai più comuni insegnamenti dell’approccio neoclassico, fino a quelle tradizioni largamente escluse come quelle classica, post-keynesiana, istituzionale, ambientalista, femminista, marxista e austriaca, per citarne alcune. Quando la maggior parte degli studenti di economia si laurea senza mai incontrare una simile varietà di prospettive durante gli studi, allora si capisce che tale percorso educativo si rivela insufficiente e soprattutto inefficiente. Basti immaginare un corso di laurea in storia dell’arte focalizzato solo sull’impressionismo, oppure un corso di scienze politiche che si concentri solo sul socialismo, e si potrà iniziare ad apprezzare i limiti di un tipico corso di economia.

Il pluralismo metodologico impone l’impiego di un ampio ed eterogeneo insieme di strumenti nell’analisi delle questioni economiche. Con ciò non si vuole sottostimare la necessità del rigore analitico-matematico e quantitativo-statistico. Ma troppo spesso gli studenti acquisiscono acriticamente le suddette competenze “tecniche” evitando le più elementari riflessioni epistemologiche: come e perché tali strumenti vadano utilizzati, la neutralità delle assunzioni e l’applicabilità dei risultati. Inoltre, esistono importanti aspetti economici impossibili da indagare esclusivamente per mezzo dell’approccio quantitativo: ad esempio, le istituzioni, le culture e la storia rappresentano elementi determinanti dei meccanismi e processi economici e, come tali, dovrebbero essere parte integrante dei piani di studio. Ciononostante, la grande maggioranza degli studenti non frequenta nemmeno un singolo corso di “metodi qualitativi” durante il proprio percorso formativo.

Il pluralismo interdisciplinare sviluppa ulteriormente il discorso metodologico, riconoscendo che l’economia è più efficace quando integrata con altre scienze sociali ed umanistiche. Così come le politiche economiche non prescindono dalle lezioni derivanti dalla politica, dall’etica, dalla psicologia, dalla storia, dalla sociologia e dall’ecologia, nemmeno l’insegnamento dell’economia dovrebbe prescindere da questi stessi ambiti. L’apprendimento interdisciplinare è vitale per fornire agli economisti la profondità cognitiva necessaria ad apprezzare le numerose implicazioni che le loro idee comportano per lo sviluppo globale.   Mentre gli approcci per implementare queste forme di pluralismo varieranno di luogo in luogo, le idee generali per il loro sviluppo dovrebbero includere le due seguenti linee guida:
  •  Verso un pluralismo teorico e metodologico: dare la priorità a docenti e ricercatori che possono essere fonte di diversità teorica nei programmi economici; ideare testi e altri strumenti di insegnamento a supporto di un’offerta formativa pluralista; dare la priorità nei giornali professionali a lavori pluralisti.
  •  Verso un pluralismo interdisciplinare: formalizzare le collaborazioni tra dipartimenti di scienze sociali e di studi umanistici o stabilire dipartimenti speciali che possano sovraintendere programmi che combinino l’economia e gli altri campi.
Il progresso su questi fronti richiede non solo la costruzione di un nuovo consenso attorno al pluralismo, ma anche che una varietà di altre sfide sia messa in evidenza, inclusa la ricerca di professori con una formazione pluralistica e di fondi per sostenere le iniziative sopra elencate. Di conseguenza, se speriamo di dotare la professione dell’economista di un profilo pluralista in un arco di tempo che si accordi con l’urgenza della crisi globale, allora dobbiamo iniziare a connetterci, ad essere coordinati e creativi nella ricerca di nuove soluzioni. Con questo obiettivo in mente i nostri network studenteschi hanno iniziato a premere per un cambiamento, e a superare le lacune educative organizzando seminari, conferenze e altre iniziative creative.   Abbiamo bisogno di studenti, professori, ricercatori e sostenitori da tutto il mondo che si uniscano a noi per formare la “massa critica” necessaria al cambiamento. Visitate il sito (www.isipe.net e www.rethinkecon.it) per capire come sostenere la nostra causa. Come la grande crisi finanziaria ci ha ricordato, nell’economia le idee vanno ben oltre le aule universitarie, e raggiungono ogni angolo della nostra vita. La spinta per il pluralismo non è semplicemente uno sforzo per rafforzare la professione dell’economista, ma uno sforzo per rafforzare le fondamenta stesse del benessere umano e della nostra abilità collettiva di prosperare. "

Per maggiori info cliccate qui: Manifesto_ITA


Se, come me, volete aderire, queste sono le istruzioni:

" - Chiunque volesse vedere la propria firma pubblicata nella lista in coda al nostro manifesto potrà procedere in questo modo:
  • Inviate un messaggio con il proprio nome completouniversità di appartenenza – per gli studenti, possibilmente aggiungendo il corso di studi seguito, mentre per i docenti le discipline insegnate o una breve presentazione – e qualche altro segno di riconoscimento (ad esempio, il vostro account facebook) all’indirizzo rethink.econ.ita@gmail.com.
    Saranno accettate anche richieste inviate ai nostri indirizzi (li trovate nella sezione about)
  • Registrate la vostra adesione sul sito dell’iniziativa internazionale,www.isipe.net, nella sezione “Support Us”. Basta compilare un modulo.  "

Per maggiori info cliccate qui: Come aderire

Questo è anche il sito internazionale: http://www.rethinkecon.co.uk/



Prometto che ritornerò a scrivere le solite stronzate. Alla prossima.


giovedì 24 aprile 2014

What's the difference between Justice and Punishment?


Io la conosco, dopo aver visto questo cortometraggio.
Con attori del calibro Thomas Jane (interprete di Frank Castle nell'omonimo film Punisher ) e Ron Perlman (che non ha bisogno di presentazioni).
Questo corto è, semplicemente, la pellicola secondo me più bella su un (anti)eroe Marvel.
Infatti non è prodotto dalla Marvel ma è una produzione indipendente non a fini di lucro.



Bando alla ciance. Ecco il video:




Gustatevelo. Merita tantissimo.

lunedì 14 aprile 2014

ORFANI - Edizione Absolute Bao - Recensione

Eccola:



E' arrivata. Finalmente.
Un piccolo appunto prima di iniziare, posseggo la Variant quindi la recensione si concentrerà su quella (alla fine varia solo la copertina e la sovraccoperta in acetato).
Che dire per cominciare? Beh. E' talmente tanto bella che ho paura di leggerla. Non vorrei assolutamente rovinarla. Le pagine sono lisce e lucide, la copertina (Massimo Carnevale nel mio caso, copertinista anche tra le tante cose di Mater Morbi sempre di Recchioni) è da brividi.
Bisogna menzionare anche la sovraccoperta della variant, con stampate sopra alcune scritte e disegni che si sovrappongono con la copertina in cartone creando un fantastico gioco tridimensionale.



Numerosi anche gli extra: interviste a tutti i disegnatori, ai creatori, bozzetti preparatori, copertine, approfondimenti ecc ecc.
Il prezzo? A mio modo di vedere più che onesto. Quasi 400 pagine a colori in carta di ottima qualità con una copertina rigida. Tutto per 27 euro. A chi si lamenta: comprate l'ultimo libro di King, 400 pagine di carta riciclata a 20 euro e tanti auguri.


VOTO: 95/100 (Qualità dell'edizione)






Ora come promesso in precedenza facciamo un breve excursus anche su Orfani dal punto di vista artistico.
Molti si sono lamentati per il primo numero: un carnevale di esplosioni, personaggi stereotipati, battute da film d'azione anni 80 e storia poco originale. Come è che si dice? Non giudicare un libro dalla copertina. Perfetto, per un fumetto potremo dire: non giudicare un fumetto dal primo numero.
Vi faccio l'esempio della reazione di un lettore standard (in questo caso la mia ragazza) impegnato con Orfani:
Numero 1: Ma che è sta merda?
Numero 2: Non mi piace, anche se..
Numero 3: Aspetta un attimo...
Numero 4: Cazzo!
Numero 5: Figo!
Numero 6: No vabbè!
Numero 7: (ve lo dico in sede di recensione)
Capito che intendo no? Recchioni e Mammucari hanno fatto una precisa scelta stilistica che nei primi tre numeri (quelli contenuti in questa edizione) si può ben notare: molto colorati, molto semplici che raccontano una guerra e una storia APPARENTEMENTE lineare. Molti lettori, sopratutto chi è un pò (perdonate il gioco di parole) "orfano" di fumetti, si sono scontrati con questa dura realtà. Solo poi c'è chi è andato avanti, cioè la stragrande maggioranza vedendo le vendite, e ha scoperto i due autori a cosa hanno puntato: rompere il mosaico, il puzzle costruito all'inizio, pian piano, pezzo per pezzo.
Scoprire la verità dietro la realtà. Ecco a cosa punta Orfani, e questo diventa evidente dal numero 3, dove i colori cominciano a diventare più cupi, i personaggi mostrano caratteristiche inaspettate e la storia non è più "lineare" come sembra.
I lettori più esperti si sono probabilmente resi conti che fin dai primi numeri "c'era qualcosa che non andava", ma dal numero 3 questo diventa evidente per tutti, fino all' evolversi di una escalation di bugie, follia, potere e violenza. L'intento di Recchioni e Mammucari è magistrale: "per spiegare quanto può essere dolorosa una guerra devi incominciare raccontando quanto può essere bella" mi dice Emiliano al Romics.
Grazie al Cielo la critica specializzata si è accorta sin da subito di questo "giochetto" ed ha premiato la testata con voti molto alti; alla faccia dei soliti altezzosi "artisti" con la puzza sotto il naso (categoria che purtroppo riempie il panorama culturale italiano) che hanno subito additato Orfani come "la solita americanata".




Riguardo ai disegni non mi dilungherò. Basta dire che sono una vera rivoluzione per la Bonelli. Mischiano innovazione (i colori e l'ultilizzo di tecnologia grafica per il disegno) e tradizione (l'impostazione della pagina e il design tipicamente bonelliano) in un mix azzeccatissimo che rende questa serie unica. Il colore è anche funzionale nella narrazione, uno dei tanti casi può essere: i colori sgargianti dei primi numeri che via via (quando escono allo luce i vari punti più bui della trama) diventano sempre più dark e cupi.
Infatti almeno su questo nessuno ha avuto nulla da ridire. Un plauso finale va sempre agli ideatori che anche nella parte grafica si sono astenuti dal ricopiare le più blasonate testate americane.


VOTO: 82/100 (Fumetto in se)




Sicuramente ci arriverà, ma Orfani ancora non è un capolavoro. E' una serie ottima ma non perfetta. Confido che i prossimi numeri o al massimo la prossima stagione potranno innalzare quest'opera al livello di capolavoro.
Che poi possa non piacere ugualmente al solito pubblico "chiccoso" sti cavoli. Alla fine come dice il motto stesso : "Noi non facciamo arte, facciamo cadaveri!"



VOTO COMPLESSIVO: 90/100

lunedì 7 aprile 2014

Romics.

Allora, la vera fiera del fumetto italiano per me è Lucca Comics & Games. Il resto è (quasi) merda.

Ciò non toglie che non posso fare a meno di andare al Romics due volte l'anno. E quest'anno non me ne sono assolutamente pentito

.

Infatti ho parlato per un'oretta con Emiliano Mammucari (Orfani, Caravan) di fumetti in generale, di Orfani e tante altre belle cose. Ho avuto anche qualche scoop, ma ho promesso di non divulgarlo tramite il blog. In più Emiliano è stato anche gentilissimo e mi ha fatto uno sketch di Raul da regalare  alla mia ragazza (è il suo personaggio preferito). Una persona veramente gentile con i fan e disponibile, ne aprrofitto per ringraziarlo caldamente.



Altra cosa figa è stata la celebrazione dei 75 anni di Batman con un ospite d'eccezione: Jea Lee (Superman/Batman). Oltre ad avergli fatto firmare diversi albi mi ha fatto anche uno schizzo del mio amatissimo Cavaliere Oscuro.



Infine ho conosciuto di persona anche Emanuel Simeoni, giovane disegnatore romano da poco ingaggiato in DC. Ha disegnato Talon e ora è a lavoro su altri progetti. Definirlo bravo è un eufemismo. Poi voglio dire, alla DC non sono idioti, e se a un disegnatore assunto a luglio gli hanno già affidato delle serie regolari così importanti un motivo ci sarà no? Per farvi capire il livello di cui parliamo:




Riguardo gli acquisti, mi sono beccato la serie completa di Detective Dante a 30 euro.
Quindi tanta tanta tanta roba.
 Ad Ottobre, Romics.

martedì 1 aprile 2014

The Walking Dead of Fire.

Il lunedì sera tutti fanno una cosa: si guardano The Walking Dead. 



Prima lo facevamo solo noi appassionati di zombie. Poi solo noi nerd. Ora lo fanno tutti. E quando dico tutti intendo veramente tutti. Gente che il sabato sera si guardava Amici o il Grande Fratello ora il lunedì si vede The Walking Dead. Non che ci sia nulla di male eh, per carità, è pur sempre cultura di alti livelli.




Ieri sera c'era il finale di stagione, e come ogni finale di stagione che si rispetti ha fatto discutere. Cioè almeno credo che sia così visto quello che leggo dagli stati (per lo più delusi) dei miei amici su Facebook.
Si, perchè io non l'ho ancora visto. "Ma come? Adori gli zombie e sei nerd" Eh lo so. Però ci sono due motivi:

1) Non ne sentivo l'urgente bisogno. Questa stagione non mi ha lasciato assolutamente il segno. Ma di qeusto ne parlerò meglio in sede di recensione.

2) Avevo di meglio da fare: un mio amico mi ha invitato al concerto dei Rhapsody.

Ovviamente ho accettato da bravo metallaro (anche se i Rhapsody non li ho mai ascoltati). La serata era Rhapsody + GammaRay. I secondi erano tranquillamente dimenticabili, mentre i primi..tanta roba. Sopratutto le tracce dei primi CD.



Insomma grande serata. Ed è finita così:



Mi dispiace TWD ma non mi sei mancato affatto.

Rhapsody tutta la vita.

Gloria Perpetua.

sabato 29 marzo 2014

Le bugie sugli F-35.

Scusate il francesismo. Ma ogni tanto tornano di moda.



Quel mix putrescente di pacifinti, grillini dell'ultima ora, radical chic e anticonformisti. Tutti esperti di difesa e tecnologia militare insomma. Tutta gente che si permette di dire se il cacciabombardiere tecnologicamente più avanzato mai prodotto al mondo sia efficiente o meno.

Ovviamente su questo argomento l'opinione pubblica italiana naviga senza bussola in un mare di cavolate. Gente che usa solitamente la materia grigia si trova inondata dalle minchiate del web: informazioni false, distorte e nella maggior parte dei casi male interpretate. Ecco spiegato perché l'Italiano medio "non vuole gli F-35".



La realtà ahimè non è assolutamente quella sparata dai vari guru del web.
Proviamo a fare un minimo di ordine:

-I difetti in fase di testing:  il programma  dell'F-35 (denominato JSF) prevede, dopo quasi un decennio di progettazione, una lunga fase di testing (dal 2002 al 2017). In questa fase l'obbiettivo è far uscire allo scoperto i difetti di progettazione insiti nella fase precendente. Le differenze tra questo programma e quelli precedenti sta nella lunghezza della fase di testing. Degli altri aerei (vedi anche Eurofighter) veniva fatta uscire una prima versione operativa (di solito denominata Mark-I o semplicemente I) la quale serviva come base di partenza per futuri sviluppi che avrebbero portato poi l'unità al massimo della sue capacità operative. Ovviamente le prime versioni confrontate con le seguenti peccavano di gravi carenze. Per evitare questo il programma JSF prevede una lunga fase di testing del prototipo per eliminare PRIMA della messa in produzione tutte le gravi mancanze. Altro fattore da considerare è che per molti versi il programma JSF è rivoluzionario viste le nuove tecnologie utilizzate ancora in fase post-sperimentale. Infatti il testing è risultato una sfida, con molti problemi più o meno gravi. Se così non fosse sarebbe inutile investire in tecnologie avanzate.
Le gravi mancanze che sono pervenute in fase di testing (prontamente risolte visto che erano prevedibilmente attese) sono state utlizzate come propaganda dai soliti noti. Ovviamente tutto quello che ho scritto sopra è stato prontamente omesso, facendo sembrare agli occhi dell'opinione pubblica l'F-35 una ciofega.




-La proprietà del software: Altra assurdità che gira per la rete. "Ma come? Con tutti i soldi che gli diamo manco l'accesso al software dell'aereo ci danno?". No. Ed è una cosa normale, anzi normalissima. E' scoprire l'acqua calda. Prendiamo l'Eurofighter, il software di puntamento è inglese, quello di atterraggio italiano e quello di guida tedesco. Se io Aeronautica Militare ho un problema con il software di puntamento, con tutto che l'Italia ha concorso per il 22% nella progettazione e produzione dell'aereo, devo chiamare gli inglesi a risolvermelo.
Facciamo ora un esempio al di fuori dell'aeronautica. Io possiedo una Honda, l'ho comprata e pagata regolarmente, se ho un problema alla centralina (quindi software) e lo voglio trovare e risolvere in maniera ufficiale devo rivolgermi alla Honda che è provvista del tester ufficiale che può dirmi vita morte e miracoli dell'autovettura. Il fatto che ho comprato una Honda mi da il diritto di avere accesso anche alla sorgente del software? Ovviamente no. In quel caso il mio meccanico di fiducia o utilizza metodi non convenzionali oppure dovrò rivolgermi alla casa madre o alle officine autorizzate. Stesso discorso per la Volskwagen di mio padre.
Honda e Volskwagen costano troppo poco? Va bene. Anche se acquisto una Ferrari, una Bugatti, una Lamborghini o una Maserati il discorso sarà sempre quello. E non si applica solo ad aerei ed auto ma, per esempio, anche a telefoni. Pensate ai possessori di Apple che neanche possono levare la batteria!
Lo so. Sembra un discorso cretino però c'è gente che lo fa tuttora.





-La convenienza economica: Ecco qui entriamo nella parte più complicata del discorso. Due presupposti: 1) Il pagamento della ormai tristemente famosa cifra di 12,8 miliardi sarà ovviamente rateizzato fino al 2046
2) Non è vero che noi "compriamo" aerei dagli USA. Noi partecipiamo al progetto e persino alla costruzione (delle ali e del cockpit), quindi non stiamo facendo regali a nessuno.
Infatti la FACO (azienda Italiana) sarà la seconda azienda per impegno sulla produzione del cacciabombardiere. A questa vanno a sommarsi 70 aziende italiane che hanno ottenuto contratti per la produzione dell'aereo più altre che sono in concorso.
Facciamo un esempio:  da fonti ufficiali dell'aeronautica solo per la costruzione delle ali (e ripeto noi non faremo solo quelle) avremo un ritorno di 7/8 miliardi di dollari. I ricavi in questo campo saranno per la maggior parte della Aermacchi, azienda famosissima nel settore (più altre numerose piccole medie imprese italiane)  proprietà di Finmeccanica che, a sua volta, è controllata dal Ministero dell'Economia. Tradotto: sono tutti soldi che ci ritornano in tasca. E pensate che questo è solo uno dei tanti campi dove siamo coinvolti. A quanto pare in Italia ospiteremo anche il centro di manutenzione e diagnosi europeo cogestito dalle nostre aziende.
Altro discorso importantissimo da fare: essendo un multiruolo l'F-35 ,nella Aeronautica Militare, andrà a sostituire due tipologie di aerei più tutte le versioni da essi derivate (comprese quelle a decollo verticale per le portaerei . Cosa vuol dire questo? Semplice, che il numero di aerei da combattimento dopo l'acquisto della partita di F-35 DIMINUIRA'. E di conseguenza ne diminuiranno anche i costi di gestione, di aggiornamento e di manutenzione. Bisogna considerare che per questioni strategiche l'aeronautica va aggiornata, e se così non fosse per lo meno mantenuta; va anche considerato che dei velivoli più vecchi i costi di manutenzione sono inevitabilmente destinati a salire per una semplice logica di mercato (diminuisce l'offerta di parti di ricambio visto che escono dalle linee di produzione).
Bisogna anche mettere in conto che l'F-35 in quanto cacciabombardiere di ultimissima generazione non ha neanche un prezzo esagerato (sui 60-70 milioni), ovviamente parlando in termini di spesa militare. Costano meno di Rafele francese e non hanno eguali in quanto a capacità tecniche e operative.
Altro discorso da affrontare: la spesa pubblica. Chi ne capisce un minimo di economia politica e finanza pubblica sa che  "tagliamo le spese per i cacciabombardieri e costruiamo asili nido" è tecnicamente impossibile. Lo Stato non da un tot di soldi da spendere ai vari ministeri. I "compartimenti" dove verte la spesa pubblica sono "stagni". Innanzitutto bisogna ragionare in termini di PIL. Il PIL nazionale viene distribuito nei vari ministeri, a chi più (salute e istruzione) e a chi meno (difesa). La spesa militare italiana è del 0,90% del PIL. Quindi lo Stato "affida" neanche un centesimo del Prodotto Interno Lordo italiano alla Difesa. Il discorso è che questi non sono soldi "grezzi" e non possono uscire magicamente da un bilancio per entrarne in un'altro. Altro fattore da considerare: sulla Difesa è dove avvengono meno sprechi (non vuol dire che non ce ne siano), dove i soldi vengono investiti meglio e dove fruttano di più (si, siamo grandi produttori di armi ma sopratutto di componenti e tecnologie). Quindi perché "punire" un ministero dove le cose vanno per il verso giusto?



-La convenienza strategica: In linea con quanto cercano di fare tutti i paesi tecnologicamente avanzati l'acquisto degli F-35 comporterebbe uno "snellimento" della forza aerea italiana. Sia per la già citata riduzione dei velivoli, sia per la natura estremamente multiruolo dei cacciabombardieri della Lockheed Martin. "Ma abbiamo già gli Eurofighter, che ci facciamo con questi? Li compriamo solo per fare un piacere ad Obama?" Si è vero, gli Eurofighter sono grandi caccia. il problema è che sono "caccia". Differiscono radicalmente per missioni e utilizzo dagli F-35. Semplificando: gli Eurofighter potrebbero essere utilizzati come aerei da "difesa" (anche da scorta o supremazia aerea), gli F-35 da "attacco" con missioni offensive verso obbiettivi sensibili (prettamente a terra) anche in profondità nelle linee nemiche.
Riguardo ad Obama siamo un paese, anzi un continente, dove ogni cosa che fanno gli americani la prendiamo come oro colato. Io sono profondamente anti-americano e soffro nel vedere la cultura, la politica e gli interessi nazionali totalmente asserviti agli yankee.
Però va detto: se c'è una cosa dove gli americani sono dannatamente bravi quella è la difesa, o meglio la guerra. Sopratutto quella aeronavale (lì non hanno mai perso un colpo). Ci sarà un motivo se gli Stati Uniti comprano quasi 2.500 F-35 no?




Purtroppo mi dispiace fare l'antidemocratico ma queste non sono opinioni. Sono fatti. E i fatti battono le opinioni in politica. Inoltre sono anche dati. E non li ho presi dal blog di Beppe Grillo e non me li ha passati Casaleggio. Sono dati ufficiali presi direttamente dal Ministero della Difesa, dalla Aeronautica Militare e della Lockheed Martin.

Eliminare gli sprechi e rendere più snelle e rapide le forze armate. Questo dovrebbe essere il nostro obbiettivo, non fare tagli inutili a casaccio potenzialmente dannosi per mantenere flebili promesse elettorali o per arringare la folla.



 Mi rendo conto che certe argomentazioni non sono facili da spiegare a gente come Nichi Vendola, che salta da un gay pride all'altro (e si preoccupa come prima cosa di mettere nelle tessere di SEL il genere "transgender" senza pensare minimamente della situazione drammatica della Puglia e del resto del Paese), e come Di Battista, che temo non abbia ben compreso la differenza tra un Treno Alta Velocità, una auto blu e un cacciabombardiere.
Però è anche vero che il parlamento dovrebbe essere pieno di persone competenti, che sappiano distinguere tra dati oggettivi e le vaghe opinioni ideologiche e populiste sparate li a caso.
E' anche vero che se siamo nella merda fino al collo un motivo ci sarà.



Ringrazio il mio amico Marco Lorenzo per avermi aiutato con le ricerche del materiale.

venerdì 28 marzo 2014

Deus EX - Fan Film

Si lo so. Ultimamente mi ci sono fissato con i fanfilm. Ma questo merita davvero. Buona visione.



giovedì 27 marzo 2014

Capitan America The Winter Soldier - Recensione

Ebbene si. Anche a me è piaciuto questo film. Non fate i simpatici e non sbirciate il voto a fine recensione.

           


Cazzarola, era ora no? Iron Man 3? Non è il mio genere di film. Thor the darkqualcosa? No comment per rispetto della divinità pagana.
Sul serio, dopo Avengers (film sopravvalutatissimo tra l'altro) ero caduto nello sconforto. Ormai un film Marvel equivaleva a vedere uno sceneggiato dalla solita retorica buonista con tizi in calzamaglia che facevano battutine idiote e avevano una morale pari a quella di Topolino.
Invece qui, incredibile ma vero, no. In questo film ci sono molti, anzi moltissimi, punti buoni e decisamente azzeccati.
Andando con ordine. Proviamo ad elencare i fattori positivi della pellicola.


            



FATTORI POSITIVI:

1) Non ci sono quelle battutine idiote Disney.

2) La storia, sopratutto nel primo tempo, è a tratti intrigante e imprevedibile. Generalmente è molto ben costruita, si evolve e si espande a piacimento degli sceneggiatori.

3) Il film ha un senso compiuto e parla di qualcosa di concreto. Si riallaccia bene all'universo cinematografico e  alla serie tv "Agents of S.H.I.E.L.D." Inoltre apre anche a nuovi futuri sviluppi interessanti.

4) E' generalmente ben interpretato. Chris Evans mi piace nel ruolo del capitano. Ormai credo si sia ben adattato al costume e al ruolo. E' simpatico ma anche serio, bravo nelle coreografie e sopratutto eccellente nell'interpretare una persona "fuori tempo".

5) E' un film maturo. Sotto diversi punti di vista. A partire dal contesto fino ad arrivare ad un significato meta-politico che, anche se scontato e buonista, almeno lascia riflettere.

6) Incide veramente nella continuity non solo di Cap ma anche degli altri personaggi Marvel. Per fortuna verrà utilizzato come film "simbolo" della seconda generazione Marvel.

7) La sceneggiatura, i dialoghi e le battute sono più che discrete. Nulla a che vedere con i soliti film americani. Qui i personaggi dicono qualcosa di sensato e non ti fanno cascare le braccia.

8) E ' un film strapieno di citazioni di altre pellicole, fumetti e persino videogiochi (la nave iniziale è palesemente Metal Gear Solid 2). Inoltre sono tutte inserite bene e al momento giusto.

9) Gli effetti speciali non sono messi li tanto per dare spessore ad un film che non ne ha. Fanno parte del contesto, non sono spropositati e sono persino ben inseriti.

10)Il Soldato d'Inverno, anche se utilizzato come jolly badass quando c'è da suonargliele ai buoni, è veramente figo. Magari qualche battutina in più poteva dirla, ma nei movimenti e nei combattimenti, per non parlare del design, è caratterizzato benissimo.

Jolly) C'è Scarlett. Non ultima per importanza. La Vedova Nera recita anche bene, ma sticazzi. E' talmente bella che per quanto mi riguarda poteva anche fare il palo tutto il film ma si sarebbe meritata l'Oscar ugualmente.


           



Insomma ho elencato 10 pregi (più Jolly) in un film Marvel senza fatica. E potrei continuare ancora a lungo. Ottimo no? Beh si. Però i difetti non mancano. Qui non voglio fare un elenco ma un discorso di senso compiuto.


       


FATTORI NEGATIVI: 


Innanzitutto leviamoci il sassolino dalla scarpa: come si evinceva dal trailer la tipologia di regia è simile ad Avergers. "Beh non male.." direte voi no? Allora, se si fosse trattato di un serial avrei detto "indubbiamente si". Ma qui siamo al cinema amici miei. A parte qualche scena di ampio respiro (ricordo bene l'inizio quando Cap corre e l'inquadratura lo segue dietro le colonne) la regia è un pò claustrofobica, stretta e di piccole vedute. E' un vero difetto? Si e no. Scorre sicuramente bene, però è inappropriata. Forse questo è colpa del doppio regista, di solito quando mettono tanti registi su un unico film che non siano i fratelli Coen allora vuol dire che si lascia un pò troppo al caso. Secondo me è andata così: la regia è per un serial di alta qualità ma non per il cinema.


          


Altro difetto che giustifica il voto finale, la differenza tra primo e secondo tempo. Nel primo tempo lo spettatore vive un senso di speasamento e dubbio ben riuscito, degno di una spy story, infatti un altro punto a favore di Capitan America è la somma di vari generi (Thriller, Action, Supereroi ecc) azzeccata nel mix finale. Invece il secondo tempo presenta un problema, l'inghippo sul quale gira tutto il film viene svelato troppo presto, e la sensazione di una conclusione inevitabile attanaglia lo spettatore. Poi in realtà verso il finale c'è una bella sopresa, inaspettata anche dai fan, che lo rende in qualche modo vagamente drammatico. Volendo ragionare in termini di numeri, avrei dato 85 al primo tempo e 75 al secondo. Facendo una media più o meno ci siamo con il voto finale.



  



Purtroppo un difetto cardine di quasi tutti i film supereroistici, soprattutto quelli Marvel-Disney, è presente anche in questo film. La scontatezza. Il procedural della trama è sempre quello: combattimento iniziale scaldamuscoli -> momento di relativa tranquillità -> escalation improvvisa di casini -> i buoni ce le prendono -> i buoni si riorganizzano -> i cattivi ce le prendono. Cap è ben farcito di retorica, morale e tante belle chicche, ma volendo andare al sodo la struttura e lo scheletro della trama è sempre il solito.


Altro problema collegato alla scontatezza è il "poco coraggio" della morale presente nel film. Mi rendo conto che è un tasto difficile da toccare però a mio modo di vedere è il difetto più grave di tutta la produzione: il messaggio, anche se farcito di liberismo e patriottismo, è la solita morale buonista americana sulla libertà. Manco fosse Berlusconi. I cattivi: i soliti nazistoni, ll KGB, i comunisti, i dittatori (ad un certo punto si vede persino Chavez) tutti alleati per distruggere la libertà difesa dai "veri" americani. Quelli dell'american dream insomma, comandati dal buon Cap (alla fine il personaggio è cosi) che se la prende anche con gli americani "cattivi", quelli che nascondono le informazioni al popolo, che vogliono il controllo e "l'ordine". La parola d'ordine è quindi "libertà", con tanto di strizzatina d'occhio a wikileakes e alle varie teorie complottiste sui servizi segreti deviati.


Perché dico poco coraggio? Proviamo a pensare ad un'altro film: Il Cavaliere Oscuro (la maledizione dei film sui supereoi, anzi degli eroi in generale, ma di questo parlerò in un altro articolo). In quella pellicola Nolan affronta lo stesso tema della libertà, del sacrificio, delle istituzioni corrotte in modo coraggioso: dire la tutta la verità alle persone e perdere la fiducia della gente oppure omettere qualcosa e dare speranza al popolo? Nel secondo capitolo di Batman la soluzione scelta è la seconda. Questo può far discutere, c'è chi può essere favorevole e chi può non esserlo, però non si può non concordare che sia una scelta coraggiosa, sia a livello di trama che di impatto morale.


Invece Capitan America The Winter Soldier ci da una soluzione scontata, idealista e a conti fatti irrealizzabile nel mondo reale (molte conseguenze del caso vengono più o meno volontariamente omesse). Ci da una soluzione utopica figlia delle ideologie liberali di stampo americano. Come si dice in questi casi: "vabbè alla fine è un film", inoltre anche un fumetto, infatti forse la colpa è mia che tendo a cercare troppo realismo in questo genere di opere.



     




Altro difetto, per me gravissimo e assolutamente imperdonabile e ingiustificabile, riguarda il personaggio di Cap. Cioè Steve Roger: un maschio etero, single e dotato di un minimo di intelletto rifiuta non una, ma ben due volte Scarlett (la prima la friendzona pure). Una cosa del genere dovrebbero vietarla per legge.



        



Ah quasi mi dimenticavo, il personaggio di Falcon e' più inutile che nel fumetto.


         



Per concludere. Brava Marvel e anche, perché no, brava Disney. A conti fatti questo film risulta più completo e più strutturato di Avengers. Forse dei film Marvel è secondo solo al primo Iron Man. Ora staremo a vedere se con tutta la vagonata di film previsti riusciranno a mantenere un livello di qualità così alto. Speriamo.

 Rimane comunque una bella sfida.



VOTO: 81/100

mercoledì 26 marzo 2014

Dylan Dog - Vittima degli Eventi

Fate una equazione tra YouTubers vari + Freaks + ThePills + Fan Bonelli e come risultato avrete:



Un Fan Film no profit ovviamente. Progetto totalmente senza scopo di lucro e autofinanziato, o meglio, finanziato da noi utenti. Il metodo si chiama crowdfounding. Io personalmente i soldi glie l'ho dati, sia perchè mi fido di questi ragazzi sia perchè da fan di Dylan Dog non potevo estromettermi dal farlo.




E poi l'ho fatto anche come dire...per orgoglio nazionale? Cioè Dylan Dog, capolavoro fumettistico italiano, rovinato da quattro cani americani che vivono vicino ai cessi di Hollywood? No eh.

Per entrare un attimino più nei dettagli Luca Vecchi (The Pills) si occuperà oltre di interpretare Groucho anche della sceneggiatura Claudio Di Biagio (Freaks) si occuperà della regia.
Avremo anche attori d'eccezione come Alessandro Haber (nel ruolo dell'ispettore Bloch) e di Milena Vukotic (nel ruolo di Madame Trelkovski).

Vi lascio ai trailer. Godeteveli che sono solo l'antipasto.








martedì 25 marzo 2014

True Detective - Recensione.

E' vero, E' vero... vi avevo promesso che ne avrei parlato in modo approfondito.
Solo che ho evitato di farlo subito per non incappare nella guerra dei (molti) fan vs (pochi ma agguerriti) heaters.




Infatti l'ho finito già da un po di giorni. Risultato? Davvero niente male. Molte cose l'ho già dette nell'articolo precendente e molte impressioni che ho avuto sono rimaste invariate. La serie però con mia somma sorpresa cambia registro spesso (all'incirca ogni 2 puntate), e tutto funziona. Si, funziona perchè la regia (molto cinematografica con un respiro ampio per essere una serie TV, non che ci sia nulla di male eh) va appresso alla sceneggiatura molto colorita e varia (ma anche un po lacunosa) di Pizzolatto. I due protagonisti neanche a parlarne. Ovviamente Matthew McConaughey sovrasta il suo collega in molte occasioni, ma piccoli spazi interessanti oltre la carismatica figura di Rust ce ne sono a bizzeffe. Martin più che altro risulta umano, più arrivabile. L'intento di Pizzolatto è far indentificare lo spettatore in Martin, facendo vedere Rust da un punto di vista più o meno critico. C'è chi lo può odiare per la sua saccenza. C'è chi può amarlo per i suoi discorsi nichilisti. Io ho sommato entrambe le cose, ma alla fine ho dato ragione a Martin. Credo che anche il personaggio di Rust l'abbia fatto nella scena finale.




Interessanti anche tutti i riferimenti a "The Yellow King" di Chambers, a Carcosa (la città del Re in Giallo) e tutte le strizzate d'occhio varie all'horror paranormale. Oltre i protagonisti infatti, la cosa più riuscita di TD è l'atmosfera che si viene a creare pian piano nelle puntate. Menzione d'onore allo stato della Lousiana, la nuova frontiera del noir americano. Questi cieli perennemente uggiosi, questa ambientazione fuoriporta e questo stile retrò anni 90 funzionano alla grande, danno alla serie un tocco personale che ti invoglia parecchio ad andare avanti puntata dopo puntata.




Insomma True Detective non è solo i monologhi di Rust come credevo all'inizio. E' molto di più. Certo non è la rivoluzione che tutti credono o "la serie definitiva" ma  è un ottimo progetto praticamente sotto tutti i punti di vista.
Giusto una nota sul finale, molto aperto e poco definitivo come per ogni Serie TV. Il problema che True Detective è una serie antologica. Speriamo che le prossime serie anche se con ambientazioni e personaggi differenti possano esplorare meglio tutti i (molti) punti interrogativi e le questioni irrisolte che si lasciano volontariamente Rust e Martin alle spalle.


VOTO: 87/100

domenica 23 marzo 2014

Il Ritorno del Cavaliere Oscuro.

Nella vita ci sono quei libri, quei film o quei fumetti che una volta che li finisci non sei più lo stesso di quando l'hai cominciati.
Ecco, uno dei (tanti) casi per me è stato:



Come potete notare questa è l'edizione ultimo grido Deluxe della Lion. Fantastica non c'è che dire. L'ho presa ieri dopo averci pensato molto poco: io, fan sfegatato di Batman, mancavo praticamente solo di questa storia (la migliore alla fine IMHO) per completare la collezione degli "imperdibili" del Cavaliere Oscuro.




26 euro virgola qualcosa e via la paura. Ma c'è un extra che mi ha sorpreso tantissimo: l'introduzione di Roberto Recchioni. Ormai un pò tutti sappiamo che Roberto non è uno con molti peli sulla lingua e quando pensa qualcosa la dice senza troppi fronzoli.
Infatti in una pagina rende giustizia storica a un fumetto malmenato dalla cultura radical-chic italiana che cercava disperatamente di portarlo dalla sua parte.
 
" [...] Il Ritorno del Cavaliere Oscuro è un'opera viscerale di un autore incredibilmente dotato , un capolavoro di linguaggio, invenzioni potenza e intensità. Ed è pure un fumetto reazionario fino al midollo. Se è un problema per voi, lasciate perdere [...]"

Direi che è abbastanza no?

Penso che anche Miller ringrazi.

sabato 22 marzo 2014

Lukas.

La Bonelli ultimamente fa grandi cose. Non parlo solo di Orfani. Neanche di Dragonero. Parlo dell'innovazione tecnoogica di tutta l'azienda e di comunicazione 2.0 con il lettore.
Insieme all'innovazione però ci vuole anche tradizione. Tradizione mista ad innovazione ovviamente.
Questo è Lukas.



Un concept nuovo di uno degli sceneggiatori simbolo della Bonelli: Michele Medda, uno dei "tre sardi" di Nathan Never.
Medda lo apprezzo molto, sia per Nathan che leggo tuttora che per Caravan (tralasciando il finale ma vabbè). Infatti tanto di cappello alla sceneggiatura: puntuale, precisa, completa e senza buchi.
Analizziamo di più il fumetto: Lukas è una miniserie di 24 numeri divisa in due stagioni (tipo Orfani). Di ambientazione "urban fantasy", è in reatà il classico mix tra horror, sin city e fantascienza.
Questo primo albo forse dico una cazzata però lo dividerei in due. 
La prima parte è più "tradizionale", come ha detto giustamente un amico "sembra di leggere un incrocio tra Nathan Never e Dylan Dog in versione sfigata". Infatti la metà è ok, niente di speciale ma neanche niente di male. Senza lode ne infamia. Tutto ovviamente condito da ottimi disegni di Michele Benevento  e dalla già citata sceneggiatura di Medda. Ci tengo a sottolineare anche la forte ispirazione a "il Corvo", per la grafica e la tecnica di scrittura dei pensieri esistenzialisti del protagonista.





E' la seconda parte che mi ha piacevolmente colpito, finalmente i ridestati si svegliano (zombie senzienti) e via di splatter e carneficina di personaggi secondari. Più snella e rapida da leggere, graficamente accattivante con la rappresentazione dei corpi umani a pezzi e con scene al limite della sopportazione visiva (ed emotiva), questa seconda parte chiude Lukas in bellezza. E gli fa meritare il votone qua sotto. Certo si può fare di meglio ma..perchè lamentarsi con un prodotto così buono?

VOTO: 8

mercoledì 19 marzo 2014

Winner Taco.

E' tornato veramente. Ed oggi l'ho rimangiato dopo circa 13 anni.





I veri uomini lo mangiano senza carta!

martedì 18 marzo 2014

Dylan dolce Dylan.

La passione per le cose non porta necessariamente a conoscere tutto di quell'argomento.
Ogni tanto può mancare anche una pietra miliare. Per esempio, io appassionato di fumetti, non possiedo Dylan Dog.





Questo non vuol dire che non l'abbia mai letto. Anzi forse le storie più belle le ho lette quasi tutte. Però l'unico numero che ho acquistato è stato Mater Morbi di Recchioni in versione Absolute. Albo veramente imperdibile per qualità di stampa e follia della storia in se.





Tranquilli. Già ho provveduto a rimediare a questa imperdonabile mancanza. Ho appena acquistato i primi 50 numeri in versione Book.  Ed è solo l'inizio...




lunedì 17 marzo 2014

Orfani 6 - Recensione

...E rinascerai con dolore.





Il numero che un pò tutti aspettavamo. Le prime risposte cominciano ad uscire fuori mentre si aggiungono ulteriori domande: a che pro questa guerra? Chi sono in realtà gli alieni? C'entrano qualcosa con i ribelli dello scorso numero? 
Io qualche riposta probabilmente sbagliata me la sono data. Chissà.





La sceneggiatura è sempre impeccabile, come il buon Recchioni ormai ci ha abituato da anni. La storia forse delle migliori fin ora mai viste in questa serie. I disegni anche sono veramente ben fatti (dopotutto Dell'Edera collabora con Marvel, DC e Dark Horse) ma a stupire è sempre la colorazione, vera novità di questa serie per casa Bonelli. Insomma, nulla da invidiare ai comics americani; anzi, Orfani somma la bellezza del fumetto d'autore in perfetto stile bonelliano con la spettacolarità d'azione e visiva del comics d'oltreoceano.
Unico difetto? La brevità. Un pò dovuta dal contesto e un pò dovuta dalla sceneggiatura di Recchioni, mai troppo prolisso nei dialoghi.




Orfani è una serie che ha cominciato discretamente, per poi posizionarsi dopo un paio di numeri in vetta alla classifica delle migliori serie del momento. Ancora non siamo al capolavoro, ma il continuo abbattimento degli stereotipi di genere, per sostituirli con novità assolute, e una caratterizzazione inaspettata dei personaggi la stanno portando nell'olimpo del fumetto italiano.
Se giocata bene questa serie potrebbe diventare un cult di genere. Staremo a vedere.



VOTO: 8,5




P.S: purtroppo i primi 5 numeri non li recensirò in questo formato in quanto usciti prima dell'apertura del blog. Aspettatevi corpose recensioni della Absolute Bao.