giovedì 14 aprile 2016

Veloce Come il Vento - Recensione

Lo posso tranquillamente dire: io sono una di quelle persone che, quando mi propongono di andare a vedere un film italiano al cinema (solitamente le classiche commediole o peggio, i cinepattoni) comincio a sbraitare e vomitare odio contro il mondo. E' da qualche anno però che il mai defunto (ma finito in sordina) cinema di genere italico sforna qualche piccola perla. Che ormai più tanto piccole non sono. Mi vengono in mente "Smetto Quando Voglio" o i recenti "Non essere cattivo" e "Lo chiamavano Jeeg Robot" dove, quest'ultimo in particolare, dopo l'esperienza semi riuscita de "Il Ragazzo Invisibile", segna l'inizio e il successo di critica e pubblico del genere supereroistico italiano. Poi, come un fulmine a ciel sereno, un bel giorno arriva questa pellicola: Veloce come il Vento.




Già definito da molti il "Rush italiano", Veloce come il Vento è un film che esplora il mondo delle corse GT (Gran Turismo) e ruote coperte, in particolare. Co-scritto e diretto da Matteo Rovere e interpretato da un bravissimo Stefano Accorsi (nei panni di Loris De Martino) e Matilda De Angelis (nel ruolo di Giulia De Martino), il film è ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone
Ambientato nel cuore della motoristica Emilia-Romagna, la storia parla di una famiglia di piloti dove l'ormai ex campione Loris è diventato un tossicodipendente e sua sorella minore, Matilda, fa di tutto per non perdere la casa dopo la morte del padre, cercando di vincere il campionato GT. I due fratelli, viste le esigenze dettate dal destino, si rincontreranno (e scontreranno) in un insieme di corse, auto e drammi familiari. Insomma, siamo di fronte all'ennesima rivisitazione dello script drammatico - sportivo per eccellenza: Rocky.




Come è giusto che sia, questa pellicola trasuda cinema americano ovunque, dalle riprese al montaggio, oltre che alla sceneggiatura. Matteo Rovere fa un lavoro eccellente in quanto a regia: sempre decisa, con una bella prospettiva, spettacolare nei momenti salienti e dolce in quelli più intimi. Anche gli altri aspetti tecnici non sono da meno, tra i quali spicca un montaggio che ho particolarmente gradito sopratutto durante le gare GT (vedere componentistiche del motore che diventano incandescenti durante una gara è galvanizzante) e un sonoro che non stona, con rombi di motore ben campionati e una colonna sonora azzeccata.





Ma veniamo al punto più interessante di tutta la pellicola: gli attori. Stefano Accorsi, come dicevo in precedenza, è semplicemente fantastico. Levatagli quella patina da belloccio satinato che ha in "1992", l'attore si immedesima in un ruolo da emiliano tossicodipendente rachitico sia fisicamente (immagino abbia perso diversi kg per questo film), sia caratterialmente (è talmente tanto bravo da essere odioso) che verbalmente (il suo accento mi ha fatto impazzire) in modo eccleso. Un lavoro degno di un Matthew McConaughey o di un Cristian Bale. Promosso a pieni voti.
Anche la De Angelis non è da meno: ragazza ribelle (azzeccata la rasatura con tinta blu di un lato dei capelli) ma allo stesso tempo responsabile per il fratellino e soprattutto credibile. Anche qui il personaggio funziona, coinvolge e affascina. Bella e brava insomma.



Proprio gli attori danno quel pizzico d'italianità a tutta la pellicola (oltre l'ambientazione, indiscutibilmente) da un punto di vista emotivo: si trovano ad affrontare situazioni, scenari e persone che inevitabilmente contribuiscono ad assegnare il bollino Made in Italy al film (nonostante le fortissime influenze del cinema americano).



Riguardo i difetti non c'è molto da dire, se non che si concentrano nella parte finale del film. Senza fare spoiler, la scelta stilistica della gara finale è affascinante ma secondo me poco azzeccata. Per inciso, la gara in se ci sta, ma oggettivamente l'avrei messa in un punto differente della pellicola e non come atto conclusivo. Il finale lascia anche un paio di perplessità morali che, nonostante non siano nulla di eclatante, a mio parere non si sposano con il tono di tutta la pellicola.
Peccato per la sceneggiatura (che ha molte chicche come "la preghiera del pilota") che porta avanti la storia e i personaggi in modo ottimo ma lascia dei buchi nella caratterizzazione di quest'ultimi (cosa è successo tra Loris, il padre e la madre?) complice, probabilmente, dei tagli finali in fase di montaggio vista comunque la considerevole lunghezza del film (nel trailer, difatti ci sono un paio di sequenze non mostrate in sala).

In conclusione: un film perfetto? Al 90% si. Sicuramente un grande, gradissimo film ed un importante segnale che il cinema italiano di genere è vivo ed ha un grande futuro di fronte a se.


VOTO: 84/100

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